Vita di Fra’ Pietro

Numerose sono le biografie dedicate nei secoli alla figura di Fra’ Pietro da Morrone/Celestino V.

La nostra Associazione, nel 2007, ha riproposto in forma anastatica quella che a nostro avviso rimane l’opera più completa sulla vita di Fra’ Pietro.

Per due motivi:

  1. È il frutto ponderoso di un lavoro condotto nella seconda metà del 1600 e quindi in un periodo sufficientemente credibile perché non troppo lontano dai fatti narrati per elaborare uno studio scientificamente storico.
  2. Lelio Marini, l’autore di «Vita et miracoli di San Pietro del Morrone già Celestino Papa V» era Abate generale della Congregazione dei Monaci Celestini e quindi aveva ampio accesso alle fonti dirette depositate nelle varie fornite biblioteche delle Abbazie dell’Ordine. Biblioteche andate distrutte lungo i secoli successivi da guerre, saccheggi, appropriazioni di vario genere.

Di quel volume seicentesco, che conta quasi 600 pagine, vogliamo offrire ai frequentatori di questo sito una sintesi agevole. Non si tratta di un “riassunto”, ma della trasposizione fedele di brani salienti che aiutino chi legge a farsi una prima idea della vita complessa di fra’ Pietro, invitando naturalmente chi lo volesse, a leggere e approfondire l’opera completa in formato cartaceo.

L'Aquila, Basilica di S.Maria di Collemaggio: affresco nascosto dietro il coro ligneo. L'opera è della prima metà del '400. Si osservi la simmetria tra Celestino e l'Arcangelo Michele e tra l'abito papale e il drago, nonché la particolarità che sulla croce manca un chiodo (a simboleggiare, forse, quello usato per uccidere Celestino?). (Rivisitazione pittorica di Roberta Laneve)Angelerio ebbe nome il padre del Santo e Maria la madre; erano di mediocre fortuna ma molto onorati nella loro patria e timorati di Dio, semplici e giusti si esercitavano nelle opere della misericordia secondo il potere e la facoltà che avevano.

Al nostro Pietro non fu apposto mai altro cognome che quello del Morrone da lui stesso acquistato. Angelerio e Maria sua moglie ebbero 12 figliuoli, il nome dei quali non si conosce, l’undicesimo fu il nostro Pietro.

Nacque Pietro nell’anno 1215; non si conosce mese e giorno. In quel periodo era sommo pontefice nel governo della Santa Chiesa papa Innocenzo III dei Conti di Anagni e reggeva l’Impero Federico II e re di Sicilia e di Napoli.

La patria del Santo secondo alcuni fu Isernia, antica ed illustre città dei Sanniti; altri dicono che nacque in un luogo chiamato Castello Sant’Angelo come ha lasciato scritto Roberto da Salle, un monaco di santa vita e discepolo del Santo.

Il cardinale Jacopo Stefaneschi scrive che la patria di Pietro fu un luogo d’Abruzzo chiamato Molise che parte nella Terra di Lavoro.

Erano tanto dati alla pietà ed inclini al servizio puro di Dio i buoni genitori di Pietro che tra tanti figliuoli desideravano ardentemente e chiedevano da Dio con preghiera che almeno qualcuno di essi si dedicasse al servizio divino in abito clericale o monastico e fosse un vero servo di sua Divina maestà.

Frattanto nel passare degli anni morirono cinque figli ed il padre, lasciando la moglie e sette figli; in quel periodo Pietro aveva cinque o sei anni. La madre si lagnava: misera me, ho generato e partorito e allevato tanti figlioli e non vedo alcuno di loro buon servo di Dio; e volgeva l’animo verso Pietro ancora fanciullo, vedendo l’indole di lui più adatta degli altri a vivere come religioso. La buona madre mandò ad ammaestrare il fanciullo Pietro alle lettere e si sottopose a grandissime difficoltà per famiglia povera e numerosa.

La madre, anche contro la volontà degli altri figlioli, diede i suoi propri beni al maestro a ciò che con maggior diligenza ammaestrasse il suo fanciullo Pietro, il quale in breve tempo fece tanto profitto che essendo stato  a scuola pochi giorni imparò il Salterio.

Pietro, fin dai primi anni si applicò alla vita clericale ed è certo che egli si dedicò poi allo stato monastico nell’ordine di San Benedetto, cosa che lui dichiarò quando era sommo pontefice nella bolla dei privilegi concessi ai monasteri di Santo Spirito.

Io tengo per certo che Pietro, vivendo ancora la madre, avendo lui più o meno 16 anni pigliasse l’abito e l’ordine di San Benedetto in qualche monastero vicino alla sua patria il quale forse fu quello di Santa Maria in Faifoli nella diocesi di Benevento dove egli poi fu fatto Abate, e passato l’anno della probazione vi facesse solenne professione.

Sotto la obbedienza dell’abate fece la sua professione e vi stette tre anni consecutivi facendo meravigliosi progressi nel servizio di Dio e nello stato di perfezione. In questo periodo muore la madre.

(Pietro) pensava che in questo modo non potesse arrivare alla perfezione desiderata e che dal padre San Benedetto, nella sua regola, era permessa la vita anacoretica e solitaria  per arrivare  ad una somma perfezione. Dopo essersi esercitato e provato per tre anni nella vita claustrale detta cenobitica sotto il rigore della regola e obbedienza all’abate, cominciò ad avere desiderio di ritirarsi a vita eremitica e solitaria con maggior severità di quella che poteva fare nella vita claustrale, perché teneva egli per certo che la vita solitaria fosse la più sicura, e per la tranquillità dell’animo più vicina a Dio.

Circa questo aveva opinione ancora che l’uomo solitario deve essere senza compagno alcuno giudicando che quel modo di vivere non ammetta compagnia.

Dunque Pietro arrivò con questo dubbio fino all’età di vent’anni.

Pensava  che il monastero non era un luogo per fermarsi ma fosse giunto il tempo per fare buone opere. Presa questa deciione, giudicò di andare a Roma per dar principio al loro Istituto con il consiglio di uomini saggi e spirituali e stabilire il tutto con l’autorità del Sommo Pontefice.

Conferito il tutto con il suo abate che era desideroso del buon progresso dei giovani, gli diede il permesso e la sua benedizione.

Rimase il giovinetto Pietro costante e saldo, confidando nell’aiuto di Dio. “Se confido in Dio – disse – egli non mi abbandonerà mai e risolutamente in nessuna maniera tornerò indietro”.

Nel pomeriggio del secondo giorno arrivò in un luogo chiamato Castel di Sangro che è posto  tra i più alti gioghi dell’Appennino che sono compresi nei territori Peligni. Vi passa a lato un fiume chiamato Sangro da cui il castello ha preso nome: è lontano da Isernia 15 miglia.

C’era e vi si vede ancora oggi all’inizio del ponte prima di uscire dal castello una chiesa dedicata a san Nicola. Entrato in essa, il giovinetto Pietro con calde orazioni raccomandò a i Dio la sua vita e i suoi santi proponimenti e si fermo lì per alcuni giorni.

Era il mese di gennaio dell’anno del Signore 1235: aveva vent’anni; era una stagione orrenda ed ogni cosa intorno piena di neve e nevicava ancora.

Passò quella notte nella quale egli incominciava a essere novizio della vita celeste solitaria per la maggior parte in preghiera.

Per divino aiuto gli viene consigliato di andare altrove e gli viene mostrato un monte in un luogo più sicuro dove egli subito andò e lì, sotto un grande sasso, scavò una grotta che  tanto era piccola che appena si poteva alzare e distendere.

Lì il nostro Pietro con digiuni, veglie e ferventi e frequenti orazioni si fortificò.

Non aveva un altro vestito se non una semplice tonaca con il cappuccio.

Il suo vestito era una rozza veste, senz’altro sulla pelle, alla quale aveva congiunto un cappuccio per coprire il capo e si cingeva secondo il costume dell’ordine con cingolo corrispondente al resto.

Le sue orazioni e tutto l’ufficio divino che recitava assiduamente era unito e frammezzato da numerose genuflessioni fino a terra le quali egli in tutta la sua vita fu sempre solito aggiungere alle orazioni.

Queste furono le prime prove con il le quali il nostro santo giovinetto fece il noviziato di tanto solitaria e santa vita che proseguì fino alla morte.

Questo luogo è situato tra monti dell’Abruzzo perché tra questi egli trascorse tutta la sua vita e si può credere che si tratti di Santa Maria dell’Altare sul monte sopra di Palena.

In quel tempo  nel  quale abitò in quel luogo deserto, già si era sparsa per tutti i popoli vicini la fama della sua santità. Ma alla stima nutrita dal popolo nei suoi confronti, mancava che egli non dicesse ancora messa e perciò fu pregato e persuaso da amici e devoti a volersi far ordinare sacerdote. Per questo motivo riprese il viaggio che  tanto  aveva  differito verso Roma dove ascese alla grazia e al grado sacerdotale.

Ritornato da Roma prese l’abito è la regola del padre san Benedetto nel monastero di Santa Maria in Faifoli nella diocesi di Benevento. E qui, dopo la provazione, fatta la professione ed esercitatosi sotto il giogo della santa obbedienza, ritornò alla particolare battaglia eremitica,s con la benedizione del suo abate e andò a fermarsi sul monte Morrone vicino a Sulmona.

Rainaldo Gentile medico di Sulmona testimonia che Pietro, quando venne la prima volta sul Morrone, era in abito monastico e già di anni 24 ed egli stesso l’accompagnò sul monte.

Non si trova scritto per quale causa egli andasse a Roma per essere sacerdote ma io crederei che egli andasse per eseguire il suo primo intento quando partì da casa.

Credo che non volesse fermarsi più nel luogo soprannominato dove per tre anni continui aveva dimorato ancorchè fosse aspro e selvaggio, per sfuggire l’accorrere  delle genti, che alla fama sparsa della sua santità vi  accorrevano, e tanto  maggiore sarebbe stata la frequenza se vi si fosse fermato essendo sacerdote e celebrando la Messa.

Egli ebbe in costume sempre di fuggire il concorso dei popoli e la celebrità del nome in tutto il corso della sua vita.

Egli si allontanò dal primo luogo per fuggire la celebrità del nome e fuggendo si ritirò in un luogo dove acquistò perpetuo cognome e fama celeberrima in tutto il mondo.

Sul monte Morrone  aveva abitato un uomo di santa vita chiamato fra Flaviano di Fossanova, forse dell’ordine cistercense

E siccome egli era ansioso di imitare i santi nel fuggire il mondo, pensò che quello sarebbe stato il luogo adatto al suo pensiero perché essendo erede del luogo si sarebbe anche fatto erede  dello spirito e della santità.

La venuta di Pietro del Morrone  accadde nell’anno 1239, quando egli si trovava tra il ventiquattresimo e il venticinquesimo anno.

Quale Sia precisamente il luogo del Monte Morrone dove per la prima volta abitò Pietro non lo trovo scritto presso autori o scritture alcune.

È ben vero che molti furono i luoghi nei quali egli stette  in diversi  tempi, cioè Santa Maria del Morrone e Santa Croce che  ancora oggi si vede nelle parti alte del Morrone e Sant’Onofrio circa un miglio salendo il monte sopra il luogo detto Segezano che fu fatto fabbricare da lui nei suoi ultimi tempi.

È opinione di molti che il primo luogo fosse sotto Santo Onofrio dove ancora oggi si vede una grotticella capace appena di contenere un uomo.

Si può credere ed a me pare verosimile che allora abitava dov’è ora è Santo Spirito che allora era detto Santa Maria del Morrone, poiché in quel luogo vi erano grotte e spelonche per potervisi ritirare ed abitare come si può vedere dai luoghi che sono nell’oratorio sotterraneo che è sotto il coro e presbiterio della chiesa di Santo Spirito al Morrone.

Credo bene che in quei primi anni facesse fabbricare Santa Croce e che vi si ritirasse molte volte e molto tempo dell’anno per fuggire la frequenza e star più ritirato come ebbe poi sempre per costume per tutto il tempo della sua vita.

Mentre Pietro stava in quegli alpestri luoghi, cresceva ogni giorno di più la fama della santità e delle opere di lui meravigliose ed egli, al contrario, andava crescendo nell’umiltà e nel disprezzo totale di se stesso, si reputava indegno di ogni onore e di ogni forte rispetto.

Poiché da ogni parte fin da allora concorreva un gran numero di persone a ritrovarlo per vederlo celebrare il santo Sacrificio e ricevere da lui consolazioni ed aiuti spirituali e grazie da Dio per mezzo della  intercessione di lui, avendo egli sempre cercato e desiderato la solitudine e povertà e pensando che il dire messa forse cagione di tanto concorso ed inoltre stimandosi indegno di sì eminente dignità come San Benedetto, Sant’Antonio San Francesco che poco prima erano fioriti, pensò anch’egli di non volere esercitare più un tale Officio.

Giudicò nondimeno di non poter fare sì grande risoluzione prima è che ne avesse avuto consiglio e licenza dal Sommo Pontefice con l’autorità del quale era diventato sacerdote in maniera che, stabilendo il suo pensiero con tale autorità, non fosse poi necessitato a mutarlo.

Era in quel periodo inverno orrido e tutto il monte era coperto di neve da ogni parte e non si poteva discendere e perciò era forzato a differire questa risoluzione onde stette per molti giorni in questa tentazione: in quel tempo doveva essersi ritirato al luogo di Santa Croce, nelle parti più alte del Morrone.

Avvicinandosi il giorno della partenza verso Roma, ecco che una notte gli apparve in visione di essersi già messo in strada ed essendo andato alquanto avanti, di aver smarrito il sentiero e incontrando due frati chiese loro della dritta via e questi non solo non gli rispondevano ma si burlavano di lui.

Egli allora, mesto e dolente si sedette molto pensieroso ed ecco sopraggiungergli una matrona  alla quale similmente fece la  richiesta della giusta strada.

Questa gli rispose che avrebbe dovuto pregare Dio quando si trovava nella grotta e senza dire altro passò avanti.

Risvegliatosi, Pietro cominciò  a considerare più profondamente la questione e si avvide che circa la sua deliberazione non aveva pregato sufficientemente Dio, al quale perciò tutto si rivolse.

Ed ecco che la medesima notte gli apparve quell’abate che aveva dato a lui la prima volta l’abito da religioso. Vestito di una candida veste gli diceva: “Figlio, prega Dio per me e rimani con Dio”. Dopo questo saluto volendo questi ripartire, Pietro lo prese per la cocolla e lo trattenne, sebbene umilmente l’abate gli dicesse di lasciarlo andare. Nondimeno Pietro trattenendolo, gli chiedeva: “Ti scongiuro, per il sommo Dio e per la Santissima Trinità, dimmi che cosa  io debba fare in tal dubbio” e gli spiegò il suo scrupolo.

Al quale l’abate lo esortò a dire la messa e non tralasciarla. E poiché Pietro incalzava sostenendo che il padre San Benedetto, Giovanni Damasceno e molti altri santi uomini di grande santità e dottrina stimandosi indegni, non vollerro maneggiare né toccare un sì grande e prezioso e venerando mistero, in che modo io peccatore scellerato vilissimo  indegnissimo potrò toccarlo con la bocca e le mani e neppure col cuore?

O figlio! degno eh!  – soggiunse l’abate – e chi ne è degno? Celebra la Messa, figlio, celebra la Messa con timore e  tremore. E subito sparì.

Per questi consigli ed avvisamenti si acquetò  molto finalmente Pietro e non tralasciò da allora di celebrare messa ogni dì secondo il suo costume.

Cinque anni interi si legge che si fermò Pietro in quel luogo, cioè dall’anno 1239 fino all’anno 1244.Per cui di  là si divulgò per tutte le parti la fama di lui sì celebre che correva per tutto il mondo e ne riportò il famosissimo cognome di Morroneo, per cui fu sempre chiamato Pietro del Morrone.

In quel medesimo tempo tra le altre opere fatte da lui fu la Chiesa Santa Maria del Morrone nella quale anche incominciò a ricevere ed  ammettere compagni e discepoli i quali concorrevano a lui per essere istruiti nella vita religiosa onde incominciò a chiamarsi  collegio ed egli rettore.

Pietro, prima di partire dal Morrone aveva radunato molti compagni i quali erano governati da lui e li lasciò al suo partire portandone con sè solo  alcuni.

Questo luogo di Santa Maria del Morrone era nella parte inferiore alle pendici del monte  dove poi fu ampliata e chiamata Santo Spirito.

Il luogo dove Pietro abitava era folto e pieno di selve tutt’intorno. In seguito gli alberi furono tagliati e il luogo divenne un campo coltivato. Egli che andava cercando sempre selve e luoghi remoti e ritirati si vedeva scoperto ed esposto al cospetto di tutti, cosa che gli era di molto travaglio per essere totalmente contrario al suo istituto. Volendo perciò fuggire la frequenza degli uomini parte dal Morrone con solo due compagni cercando un altro posto più segreto e più remoto e si ritirò sul monte Majella.

Questo accadde nell’anno del Signore 1244 quando Pietro aveva 29 anni.

Una antica scrittura che si trova nel venerando monastero di Santo Spirito della Majella narra che venendo Pietro in quei luoghi prima si fermò in luogo volgarmente detto la Parete dell’Orso dove  dimorando qualche tempo, accorrevano a lui in molti essendo già divenuto famoso per molti miracoli.

Partendosi perciò di là per questo motivo con i suoi compagni passò ad un luogo chiamato Riparossa dove cominciò ad edificare un piccolo tugurio.

Piacque a lui la spelonca ed il luogo perché era lontanissimo da qualsivoglia frequenza e conversazione di uomini né pareva  possibile che si potesse mai aprire o fare una strada per andarvi.

È  nella parte alta del monte  che guarda a mezzodì tra la somma altezza e la più bassa valle. In ogni tempo dell’anno è aspro ed  arduo giungervi, principalmente in inverno.

Un secondo oratorio fu eretto nell’anno dell’età di Pietro 32esimo e del Signore 1247 e dallo ottavo anno dalla prima sua venuta dal Morrone ed il terzo anno di vita sulla Maiella.

 

Avvertenza:

Siccome non si tratta di un lavoro da condurre in maniera superficiale, inseriremo di volta in volta le altre varie fasi della vita di fra’ Pietro, con lo stesso criterio che avete potuto constatare in questa prima fase.

Ci piacerebbe conoscere un parere dei frequentatori del sito su questa nostra iniziativa.

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