Il deserto di Fra’ Pietro da Morrone furono le montagne abruzzesi

Eremo S. Onofrio al Morrone (veduta dall’entrata)

 

Nel Vangelo di Marco (1, 12-15) si narra che lo Spirito disceso su di lui lo spinge dove i cieli non sono aperti, bensì chiusi; lo spinge, letteralmente “lo scaccia nel deserto”, dove è presente più che mai il diavolo, Satana, colui che mette alla prova, la cui missione è dividere e separare, soprattutto da Dio. […] Gesù entra così in una zona d’ombra, entra nella prova, perché il deserto è terra di prova, di tentazione. Lo era stato quarant’anni per Israele, “battezzato” e uscito dalle acque del mar Rosso; lo era stato quaranta giorni per Mosè e per Elia; lo era stato per quanti erano andati nel deserto per preparare una strada al Signore (cf. Is 40,3), combattendo da “figli della luce” contro il demonio e la sua tenebra; lo era stato per Giovanni il Battista. Gesù dunque sta camminando sulle tracce lasciate dagli inviati di Dio, e in tal modo sa che deve prepararsi a quella che sarà la prova, la lotta quotidiana, fino alla morte.

 

 

 

In quel deserto di Giuda, accanto al mar Morto, tra quelle rocce aride, Gesù “dimora quaranta giorni, continuamente tentato da Satana”. La sua è una lotta corpo a corpo, della quale nessuno è spettatore; è una lotta interiore attraverso la quale deve imparare l’obbedienza del Figlio – “imparò l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb 5,8), legge con intelligenza l’autore della Lettera agli Ebrei – e vincere il tentatore che si oppone alla venuta del Regno nel modo in cui Dio lo vuole e che Gesù deve assumere e fare suo, fino a rivestirsene. Sono giorni di lotta in cui Gesù lega il principe dei demoni, lega colui che è “il forte” (Mc 3,27), perché – come aveva annunciato il Battista – “il più forte” (Mc 1,7) è proprio Gesù, che scaccerà i demoni liberando uomini e donne dall’alienazione demoniaca. […]  Pienamente sottomesso al Padre, creatura tra le creature non umane del deserto (rocce, pietre, arbusti, rettili, volatili, bestie selvagge), Gesù è in profonda comunione con tutta la creazione. […]

 

 

 

 

Eremo S. Onofrio ( entrata vista dall’Eremo)

Noi monaci non dimentichiamo che i nostri padri del IV secolo sceglievano proprio il deserto per combattere Satana. Si narra per esempio che Antonio, esausto dopo la lunga lotta contro le tentazioni, chiese: “Ma dov’eri, Signore?”. E si sentì rispondere da Gesù: “Ero accanto a te per combattere la tua battaglia!”. La tentazione, la prova ritma la nostra vita: se non ci fosse la tentazione, ci sarebbe l’indifferenza! Ma sta a noi combatterla e vincerla con l’aiuto della grazia, pregando il Padre: “Non abbandonarci nella tentazione, ma liberaci dal male” (Mt 6,13).

ENZO BIANCHI, monaco nel monastero di BOSE (Biella)

 

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