Fra’ Pietro consegna la Regola ai suoi monaci o un opuscolo con altri consigli biblici?

Abbazia di Santo Spirito al Morrone
Si tratta di un affresco situato sotto la chiesa dell’Abbazia di Santo Spirito del Morrone, presso la Cappella Caldora.
Vi è riprodotta l’immagine di fra’ Pietro, il quale porge un piccolo libro aperto ad un folto gruppo di monaci inginocchiati.
Il Santo campeggia su uno sfondo nel quale si intravedono tracce di una stoffa che scende dall’alto.
Dalla maggior parte degli interpreti di questo affresco si è ritenuto che rappresenti Pietro che consegna la Regola dell’Ordine ai suoi monaci.

Fra Pietro affresco Cappella Caldora
Altri, invece, danno alla scena una diversa interpretazione.
Sulle due pagine spiegate del libro, in piccoli caratteri appena visibili, sono scritte, nell’una, le seguenti parole: Venite filii, audite me. Timorem dñi; nell’altra: docebo vos. (Venite figli, ascoltatemi. Vi insegnerò il timore del Signore).
Sono le parole che formano il versetto 12 del salmo 34.
Possiamo ben dire che in quel versetto del Salmo è racchiusa tutta la condotta di vita di fra’ Pietro, che giustamente intende proporre ai suoi seguaci.
Anche noi propendiamo per questa seconda ipotesi, soprattutto perché ci risulta che fra’ Pietro non abbia mai stilato una “sua” Regola, in quanto sia lui che i suoi monaci si sono sempre ispirati alla Regola di san Benedetto.
Qui di seguito riportiamo una pagina del volume di Celestino Telera, da cui si evince con chiarezza che…
FRA’ PIETRO NON STILA UNA “SUA” REGOLA MA AGGIORNA QUELLA DI SAN BENEDETTO
Celestino Telera, VITA DI S. PIETRO CELESTINO PAPA V.
Istitutore dei Monaci Celestini.
Parte seconda. Capitolo primo
Non aveva Pietro permanente stanza da che si diede a stabilire la sua Congregazione, così ricercando in lui la vigilanza pastorale e lo zelo di accrescere la gloria di Dio. Il suo fine in questa novella Religione, non fu altro, che il ristorare la Regola fin da gioventù da lui professata, e a questo effetto volle opportunamente recidere tutte quelle licenze, che conobbe già in alcuni. E ordinò le sue proprie Costituzioni sopra la Regola del Patriarca S. Benedetto: ove tra l’altre cose istituì che si vestisse il più ruvido panno del paese. Che in tutti i giorni si osservasse perpetuo digiuno, dalle Domeniche in poi, e allora interdiceva l’uso della carne. Che la quarta e sesta feria di ciascuna settimana si esercitassero i Monaci in astinenza più rigorosa di pane e acqua. Che oltre di ciò si santificassero tre quaresime l’anno, cioè a dire l’universale di S. Chiesa, l’altra che chiamava di S. Maria, e cominciava dal 29 di Giugno, festa dei Santi Apostoli, fino all’Assunzione della Beatissima Vergine; e la terza intitolata di Natale, a cui si dava principio dal giorno dei SS. Quattro Coronati, 8 di Novembre, fino alla nascita del Signore. Che solamente tre giorni della settimana si permettesse il vino, e molto ben temperato; e altre provviste per mantenimento dello spirito. Questa legge fu da quei buoni Padri eseguita con osservanza tale, che meritarono poi essere adorni di tutte l’altre virtù.
Tutto ciò che dall’entrate parcamente distribuite avanzava, ordinò che si donasse ai poveri, facendo di sua mano liberalissime elemosine di denari, e robe, con maraviglia di tutti. Non curò punto di accrescer i Monasteri di ricchezze, tuttoché avesse potuto farlo; dicendo che quelle sogliono somministrare ai Regolari il lusso e la tiepidezza della monastica disciplina; e quindi avvenne a mio parere, che nella nostra Religione non abbondassero le rendite temporali, e che appena vi fosse la bastanza. Ordinò il Capitolo d’ogni giorno, in cui si accusassero ed esaminassero le colpe di ciascheduno, con dichiarar la regola, e le costituzioni. Il silenzio tanto da lui custodito, e la ritiratezza dal secolo con molto rigore pubblicò ai Padri, ed essi con esattezza incomparabile l’eseguirono. Il che forse fu cagione, che gran parte dei Monasteri fondati da esso Santo, e dagli altri primi Padri, eredi del suo spirito, si fossero collocati fuori dell’abitato: affinché, allontanati dal rumore del volgo, attendessero alla quiete dell’animo.