Opuscola

Thomas Ashby-Eremo S. Onofrio a Morrone

INTRODUZIONE

 

Ci è parso importante offrire a chi frequenta questo sito alcune pagine tratte dagli appunti scritti che Fra’ Pietro portava sempre con sé e provvedeva ad accrescere con brani tratti dalla Bibbia o da pensatori a lui noti e chiosati spesso con sue riflessioni. Sono pagine tradotte con competenza scientifica e passione dal compianto prof. Ilio Di Iorio dagli scritti latini di San Pietro Celestino (1215-1296) denominati “Opuscula”.

Li pubblicò meritoriamente Celestino Telera di Siponto, Abate Generale dei Celestini, con il titolo «Opuscula omnia», presso la Tipografia di Ottavio Beltrani di Napoli, 1640, pp. 458.

 

 

 

GLI SCRITTI DI FRA’ PIETRO

Celestino Telera, VITA DI S. PIETRO CELESTINO PAPA V.

Parte terza. Capitolo primo

 

Il tempo tra il pranzo e il Vespro (fra’ Pietro, ndr) l’applicava con sua molta fatica allo studio della Sacra Scrittura, di Santi Padri, di canoni, e di Teologia morale; raccogliendo quanto in diversi Autori trovava sparso, per formarne un corpo, come fece, nel comporre il suo libro in latino di tutte le materie scritturali e canoniche: non già per pubblicarlo alla luce (il che, per umiltà, fuor di modo fuggì) ma per suo proprio giovamento, e affinché per mezzo di quel suo prontuario o manuale potesse sovvenire con le consulte spirituali i suoi devoti, e far i Capitoli ai suoi discepoli.

Riuscì di tanta sua soddisfazione quell’Opera, che fatto Papa, la condusse seco, come unica gioia posseduta nella solitudine, e ben degna di esser annoverata fra le cose più preziose del Pontificato. Onde mentre in Napoli domandava i pareri di Dottori, se poteva egli rinunziare la dignità Papale, rispondendo essi di no, Egli nondimeno decise di poterlo fare, perché così aveva scritto in quel tomo, e raccolto da vari Canoni e Autori.

Qual Opera affinché non restasse nei secoli a venire nella dimenticanza sepolta (e prima non fu mai osservata, né conosciuta) procurai con mia molta fatica di darla alle stampe nell’anno 1640 intitolandola «Opuscula S. Petri Caelestini Papae V» affinché potesse cancellarsi dal mondo l’opinione e il detto di coloro che stimarono il nostro Santo, uomo ignorante e incapace di lettere; e che non potendo egli tollerare la vergogna, quando doveva rispondere in latino, rinunziasse il Papato.

Il nostro dottissimo Pietro Crespezio in un sermone che fa del S. Padre, attesta di aver veduto e letto nel Monastero Meduntense del nostro Ordine in Francia un altro libro composto e ordinato dal medesimo Santo, col titolo «De Perfectione Religiosorum», di cui in Italia non abbiamo notizia, persuadendomi che nel partirsi i Monaci Francesi dal Monastero Aquilano, fra l’altre cose notabili trasportassero per loro devozione quel volume scritto di mano del Santo Padre.

 

Opuscolo IV, cap. 5, pag. 147

LE RICCHEZZE, Capitolo V

 

Talvolta il Signore cosparge le ricchezze di amarezza, perché vuole distogliere l’uomo da ciò che ama; proprio come la nutrice che unge con qualcosa di amaro le sue mammelle, quando vuole svezzare il suo figlio. Le ricchezze non sono dell’uomo ma del mondo e ciò diventa chiaro nella morte. Se un cane segue due uomini, non si sa di chi sia fino a quando si separano; infatti solo il cane segue il suo padrone. Così l’uomo quando si separa dal mondo. Le cose temporali sono come una palla con cui i bambini giocano, la quale ora viene presa da uno, ora da un altro. Un mucchio di letame in un campo non dà frutti ma produce beneficio quando viene sparso. Così chi ammassa ricchezze e non le distribuisce ai poveri non ne trova frutti. Niente è più pesante dell’oro e perciò trascina più velocemente l’avaro nell’inferno.

Secondo la Lettera di Paolo a Timoteo, I, 6: “Quelli che vogliono diventare ricchi cadono in tentazione e nella rete del diavolo”.

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